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Il Presidente

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La passione sportiva

Prima di esserne il Presidente, Silvio Berlusconi è un grande tifoso del Milan. “L’Arena e San Siro sono nei miei ricordi più cari con mio padre mano nella mano”

24marzo 1986. Tre mesi dopo aver salvato la società dal fallimento, Silvio Berlusconi fa il suo ingresso ufficiale nell’azionariato del Milan. È l’inizio di una nuova epopea sportiva destinata a proiettare i colori rossoneri ai vertici del calcio mondiale. Ma per lui, per il Presidente che unendo capacità manageriali e competenza sportiva avrebbe portato in via Turati – la storica sede del Milan – sei scudetti e coppe in quantità industriale, quella data segna anche il coronamento di un sogno antico. Certo, al momento di prendere il timone del Club e di avviarne la rifondazione, Berlusconi è ritornato con il pensiero al “suo” primo Milan, quello dei Carapellese, dei Puricelli, dei Tosolini, quello di cui si era innamorato negli anni dell’immediato dopoguerra. Si trattava di un Milanminore”, ma agli occhi del tifoso bambino rappresentava comunque qualcosa di meraviglioso, un patrimonio di affetti da difendere strenuamente nel corso di accese discussioni con i compagni di scuola, interisti o juventini che fossero. E poi a casa, finiti i compiti, c’era sempre il tempo di parlarne con il padre, di commentare l’ultima partita, di provare a immaginarsi la successiva: “Vedrai papà, vinceremo, dobbiamo vincere…”. Fino alla domenica, quando – finalmente – il sogno chiamato Milan poteva tradursi in realtà sul campo. Ed ecco emergere altri ricordi: il percorso fino allo stadio (l’Arena o San Siro) mano nella mano con papà, la coda davanti ai cancelli e lui, Silvio, a farsi piccolo piccolo per poter entrare con un solo biglietto in due. I successivi novanta minuti venivano vissuti con il cuore in gola, tra gli abbracci per ogni goal dei rossoneri e lo sconforto quando le cose non giravano per il verso giusto. Ma anche in quei casi, papà Luigi sapeva trovare le parole giuste per consolarlo: “Niente paura, domenica prossima ci rifaremo”. Già, ci rifaremo… Quante volte Silvio Berlusconi avrà ripensato a quelle parole nei momenti dei grandi trionfi che hanno contraddistinto i suoi quindici anni di Presidenza: la Coppa dei Campioni a Barcellona, e poi Vienna, Tokio, Atene… Tappe di una storia di successi ottenuti anche grazie alla perfetta organizzazione societaria che ha fatto del suo Milan un modello da imitare per tutto il calcio internazionale.

LA FILOSOFIA MILAN E I SUOI INTERPRETI


“ Ho sognato di vincere la Coppa dei Campioni – ha detto Berlusconi – ma ho anche immaginato in quale modo, con quale stile questa vittoria andava conquistata, al termine di quale percorso. La nostra non è stata soltanto la vittoria di una squadra di calcio, ma è stata la vittoria di quei valori in cui tutti abbiamo fortissimamente creduto: la dedizione alla causa comune, l’altruismo e la perseveranza, la capacità di sacrificio, la lealtà contro gli avversari, l’attenzione spasmodica a ogni dettaglio. Dovevamo vincere ma anche convincere. Con un gran gioco, rispettando gli avversari ed entusiasmando i nostri tifosi”. L’avventura del Milan di Berlusconi è anche una storia di formidabili allenatori. Strateghi della panchina scelti dal Presidente non solo per le loro qualità tecniche, ma anche e soprattutto per la capacità di aderire pienamente alla “filosofia-Milan”, ovvero all’ambizioso progetto manageriale e organizzativo che ha fatto del club e della squadra rossonera un esempio da imitare. L’era Berlusconi risulta segnata in modo indelebile da due allenatori: Arrigo Sacchi e Fabio Capello. Entrambi votati a un calcio moderno e spettacolare, i due rappresentarono altrettante “scommesse” volute, e vinte, dal Presidente. Quando approda al Milan, nell’estate dell’87, Sacchi non ha esperienza a livello di serie A. Silvio Berlusconi lo chiama a Milano da Parma sfidando lo scetticismo generale, con una di quelle sue famose intuizioni che ne hanno contraddistinto la carriera d’imprenditore. Mai idea si rivelò più azzeccata: Sacchi non solo porta il Milan a primeggiare in Italia, in Europa e nel mondo, conquistando due Coppe dei Campioni e due Intercontinentali, ma con i suoi schemi innovativi fortemente sostenuti dal Presidente impone a tutto il calcio italiano una svolta a 180 gradi, trasformandolo da difensivo in offensivo in omaggio alla spettacolarità del gioco. La scommessa su Fabio Capello è altrettanto azzardata, ma – ancora una volta – risulta vincente. Dopo quattro anni di trionfi ininterrotti sotto la guida di Sacchi, la squadra viene ritenuta ormai al capolinea dalla stampa sportiva. Ma Berlusconi non lo crede. È convinto che quel gruppo di giocatori abbia ancora molto da dare ai tifosi rossoneri e a tutto il calcio italiano. Occorrono nuovi stimoli. Il Presidente individua in Capello, che dirige i ragazzi del vivaio milanista, l’uomo giusto per mantenere la squadra ai vertici. Detto fatto. Il Milan di Capello diventa il Milan degli “Invincibili”, si aggiudica quattro scudetti in cinque anni e raggiunge per tre volte consecutive la finale di Champions League, firmando il suo capolavoro nel 1994 ad Atene, quando stravince sul Barcellona di Cruijff. Meno votata all’offensiva rispetto a quella di Arrigo Sacchi, la squadra di Fabio Capello è imperniata su una difesa di ferro: perde per strada pochissimi punti e stabilisce il primato assoluto di imbattibilità nelle partite di campionato. Un record che rappresenta uno dei tanti fiori all’occhiello di un’epopea calcistico – imprenditoriale che non ha eguali nella storia del calcio: quella del Milan di Silvio Berlusconi.

A MIO PADRE


Nel giorno della vittoria della prima Coppa del Mondo, Silvio Berlusconi dedica il successo del suo Milan al ricordo commosso di papà Luigi con il quale andava allo stadio per assistere alle partite. Questa immagine del Milan Campione d’Europa e del Mondo allo scoccare dei suoi novant’anni, si fonde e si confonde in me con tanti ricordi della mia infanzia. Le dispute con i compagni di scuola, le lunghe ore di studio, l’attesa di mio padre che tornava tardi dal lavoro e si affacciava sulla porta col suo sorriso. Era come se in casa fosse entrato il sole. Carissimo, dolcissimo papà. E con lui, dopo aver parlato dello studio, della scuola, subito a parlare del Milan, quasi l’incarnazione dei nostri sogni, delle nostre utopie. “Vedrai, papà, vinceremo, dobbiamo vincere”, come se in campo potessimo andarci noi due. E poi la liturgia della Messa insieme la domenica mattina, i commenti e le riflessioni sulla predica, la puntata a comperare le meringhe per la mamma che ci aspettava a casa, in cucina, a preparare il pranzo della festa, l’unico che si consumava in sala con la tovaglia ricamata e i fiori in mezzo al tavolo. E io sempre a chiedere l’ora, impaziente, timoroso di fare tardi. E finalmente, la mano nella mano, eccoci là all’entrata dello stadio, l’Arena o San Siro, e io a farmi piccolo piccolo per profittare di un solo biglietto in due. E, poi, il cuore in gola nell’attesa, le braccia al collo per la vittoria, la tristezza per le partite-no. E mio padre a consolarmi: “Vedrai, ci rifaremo!”. Caro vecchio Milan, il Milan dei Puricelli, dei Carapellese, dei Tosolini, dei Gimona, che non era riuscito a vincere niente di importante. Caro papà, dalle notti in bianco, con il lavoro portato a casa per far quadrare il bilancio di una famiglia del dopoguerra. Com’è dolce, ora, ricordarvi insieme. Nel momento del trionfo, degli osanna, della notorietà internazionale del Milan di oggi, lasciami, caro vecchio Milan, confondere la mia storia alla tua, lasciami inorgoglire per aver contribuito a farti grande e famoso, lascia che io dedichi questa vittoria, che i campioni rossoneri dal campo hanno voluto dedicarmi, a chi nei momenti più difficili mi consolava e mi incitava: “Chi crede, vince. Vedrai, ce la faremo”. Ce l’abbiamo fatta. Domani sogneremo altri traguardi, inventeremo altre sfide, cercheremo altre vittorie. Che valgano a realizzare ciò che di buono, di forte, di vero c’è in noi, in tutti noi che abbiamo avuto questa avventura di intrecciare la nostra vita a un sogno che si chiama Milan. Silvio Berlusconi

Il Medagliere del Presidente:

7 scudetti
1987/88 1991/92 1992/93 1993/94 1995/96 1998/99 2003/2004

5 Supercoppe di Lega
1988 1992 1993 1994 2004

5 Coppe dei Campioni
1988/89 1989/90 1993/94 2002/2003 2006/2007

5 Supercoppe Europee
1989 1990 1994 2003 2007

2 Coppe Intercontinentali
1989 1990

24 aprile 2007 vigilia semifinale Champions League:

Berlusconi: “Battiamo il Manchester per dare prestigio all’Italia

ROMA – Stasera Milan padrone del gioco e del campo: vince tenendo alto il prestigio del calcio italiano”.
E’ il pronostico del presidente rossonero, Silvio Berlusconi, intervenuto ai microfoni di Radio anch’io. Il cavaliere schiera la formazione del diavolo, mettendo Kakà seconda punta vicino a Gilardino e Seedorf dietro le punte. Poi affida a Jankulovski il compito più difficile: “Dovrà prendersi cura – dice – di questo Cristiano Ronaldo strepitoso“.

21 maggio 2007 : Berlusconi: “ad Atene vince il Milan

Patron rossonero: “Rigoristi allenati a portieri ballerini”

‘Ad Atene il Milan vincera’, ce la fara’ perche’ ha una classe superiore all’avversario’. Lo ha detto Silvio Berlusconi. Il patron rossonero ha anche aggiunto di essersi informato da Ancelotti “se i rigoristi si sono allenati anche appositamente contro portieri ballerini in movimento, per evitare sorprese gia’ avvenute nel corso di finali nelle quali il Milan fu protagonista”. Il riferimento era alla finale di due anni fa e ai gesti del polacco del Liverpool Dudek.

IN PACE CON LE NOSTRE SCELTE

16/10/2007 Nella videochat di gazzetta.it, Silvio Berlusconi parla della sua presidenza come di un sogno. Ibrahimovic? ‘Sarebbe stato un grande colpo, ma eravamo indignati per processi e penalizzazioni’.

MILANO – “Abbiamo avuto un avvio di stagione un po’ sfortunato ma ci stiamo riprendendo. Il Milan deve comunque sempre essere quella squadra che, quando va in campo, deve far capire all’avversario fin dalla prima azione che è lì per vincere e per dominarlo, sempre naturalmente nel rispetto dell’avversario stesso”.

Poi è arrivata la domanda di un tifoso interista che voleva sapere, da un grande esperto di calcio come Silvio Berlusconi, cosa pensasse di Zlatan Ibrahimovic: “E’ un campione, è uno degli acquisti che il Milan avrebbe sicuramente fatto senza quella penalizzazione ingiusta con cui ci siamo trovati ad avere a che fare nell’estate di un anno fa. Avevamo già deciso di prendere Ibrahimovic e avevamo già avuto numerosi contatti. Pensavamo fosse il giocatore giusto. Rabbia nel vederlo giocare con l’Inter? No, rabbia no, semmai dispiacere. Dispiacere sì, mi sarebbe piaciuto vederlo nel Milan. In quel momento eravamo però davvero indignati per quella vicenda dei processi. Allora l’ingiustizia ci sembrava davvero molto grande, troppo grande, e siamo stati un po’ a guardare. Ce ne dispiace. E’ un colpo mancato, l’unico forse. Per il resto volevo Ronaldo e poi l’abbiamo preso, così come Baggio. Sono in pace con le scelte che abbiamo fatto e, a giudicare dai risultati, abbiamo fatto ottime scelte. Totti? Farebbe comodo a qualsiasi squadra, ma sapete come la penso, le bandiere non si vendono e non si comprano. Per la verità dissi la stessa cosa riguardo ad Alessandro Nesta, ma in quel caso fu la Lazio, per ragioni di bilancio, a metterlo in vendita e stava così per finire ad un nostra grossa avversaria, la Juventus. Per questo facemmo la nostra offerta e Nesta fu lieto di venire al Milan“.


Poi il tema Kakà, ancora Silvio Berlusconi: Kakà si trova benissimo al Milan e non ha mai manifestato nessun tipo di sentimento di lontananza rispetto alla nostra società. Finchè lui vestirà con orgoglio la nostra maglia, non potrà mai esserci nessuna ragione economica a separarci. Non ci sarà mai un’offerta economica cui noi non potremmo opporre un netto no. Pato? Non ho ancora visto suoi allenamenti, ma le cassette di alcune partite con il Brasile e con l’Internacional Porto Alegre che avevo visionato prima dell’acquisto. Però Ancelotti, Gattuso, Maldini e Ronaldo, che ho avuto modo di sentire proprio ieri, mi assicurano che è un campione”.

Le domande della videochat si sono quindi incentrate sulla difesa: “Noi abbiamo tanti difensori, ne abbiamo 10 per 4 posti. Nesta? Non è vecchio, certo abbiamo Maldini, ma Maldini è un fenomeno che irride all’anagrafe. Noi, rispetto ad altre squadre, vogliamo bene fino alla fine ai nostri eroi. Costacurta fa parte dello staff tecnico, altri nostri campioni fanno gli allenatori nel settore giovanile, io nei loro confronti mi sento come un fratello maggiore, siamo una famiglia. Mi mancherà Maldini quando non giocherà più. Comunque ci sono tanti giocatori che il Milan sta prendendo in considerazione per la difesa”.

Gli altri temi proposti al presidente Berlusconi: “Come tifoso milanista vivo un vero e proprio sogno che dura dal primo giorno della mia presidenza e spero di viverlo il più a lungo possibile, a meno che qualcuno dei miei figli ad un certo punto intervenga e mi dica che è meglio che io faccia lo spettatore. Con Fedele Confalonieri abbiamo fatto un patto, il primo che vede l’altro un po’ rinco glielo dice… Mia figlia Marina? Non è assolutamente vero che frena gli investimenti sul Milan, io comunque ho piena giurisdizione. Nel mio primo Milan da tifoso il mio idolo era Degani, ma anche Puricelli, testina d’oro. Oggi però tutti vorrebbero essere Kakà: è giovane, è bello, eticamente sano, interpreta bene il Milan così come lo vogliamo noi. Gourcuff? E’ un ragazzo che deve maturare come uomo, ma sono sicuro che verrà fuori alla grande. Pirlo? Per il suo essere quieto e un po’ ritroso non emerge fuori dal campo, non ha quella vivacità fuori dal rettangolo di gioco che attira l’attenzione. Ma per quello che fa in campo, per come sa essere dominatore delle geometrie della squadra, merita il Pallone d’Oro’.

Su Dida: “Lo considero un grande portiere. Tutta la squadra gli si è stretta attorno, dopo Glasgow. Difficile entrare nella testa di un giocatore quando accadono certe cose. Può capitare anche ad un grande campione di sbagliare. Comunque ricordiamoci che a Glasgow ha voluto giocare ugualmente, nonostante un problema alla spalla, ma tutti i suoi compagni hanno fiducia in lui. A Dida dobbiamo integralmente una Coppa dei Campioni, quella vinta a Manchester. Lui contro Buffon: Dida ci fece vincere il trofeo. Il calcio? Per me è un fatto di cuore, è una metafora della vita, non è certo un business, perchè se lo fosse, sarebbe un business in perdita… Io poi non ho mai desiderato di acquistare altra squadra che non fosse il Milan. Io avrei voluto acquistare l’Inter? Assolutamente falso, non mi è mai passato per la testa.”

Su Braida e Galliani: “Al 99% sono sempre soddisfatto del loro operato. Con Braida sono sicurissimo, mentre Galliani è la persona più limpida, onesta e trasparente che ci sia. E’ un libro aperto e deve essere ringraziato da parte di tutti i tifosi. Ronaldinho? Per il Barcellona è un campione incedibile, ho fatto la proposta al presidente del Barcellona di prendere un anno Ronaldinho per farlo giocare con Kakà e di dargli Kakà l’anno dopo per farlo giocare nel Barcellona con Ronaldinho, ma il presidente Laporta sarebbe costretto ad espatriare… Comunque se il Barcellona mettesse Ronaldinho sul mercato il Milan sarebbe pronto. Ronaldo? L’appuntamento per il miglior Ronaldo in campo è a Tokyo. Ho parlato con lui, invitandolo alla pazienza e alla prudenza. Ronaldo è un giocatore forte, l’infortunio che è capitato a lui poteva capitare a chiunque. E poi da quando ha i capelli è migliorato dieci volte rispetto a prima, guai se se li taglia. Sheva? Per motivi familiari ha chiesto di essere ceduto, sono molto legato a lui, gli voglio bene, ma il calcio è come le donne, un po’ irrazionale. Il dopo Ancelotti? Non ci abbiamo ancora pensato, ci penseremo”.

Al presidente Berlusconi è stato anche posto il quesito sulla costruzione di uno stadio solo per il Milan: “Per motivi sentimentali non sono d’accordo, sono innamorato di San Siro, è lo stadio più bello. Domenica 7 ottobre ad esempio, avrei voluto andare all’Olimpico di Roma per Lazio-Milan, ma all’Olimpico il campo è troppo lontano, mentre a San Siro c’è il contatto diretto con i giocatori. Per migliorare questo stadio sono stati già fatti tanti interventi, con tanti servizi in più, anche se mancano i negozi. Però se costruiamo uno stadio privato tutto nostro, cosa resta di San Siro? Una cattedrale nel deserto e questo non va bene”.

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